Il modello SCORE

teamwork_2Nel precedente articolo abbiamo visto come fattori esogeni ed endogeni condizionino l’attività del dentista. A partire da due modelli professionali che, per semplicità, abbiamo chiamato factotum ed imprenditoriale, abbiamo osservato come non esista un modello migliore dell’altro, in quanto ciascuno incarna la visione strategica del professionista e potenzialmente presenta punti di forza e di debolezza. Abbiamo altresì condiviso come il dentista oltre ad essere un bravo medico debba diventare un bravo imprenditore. La sua formazione universitaria non lo supporta in questo senso, per questo il confronto con figure terze, di tipo consulenziale, può aiutarlo a migliorare la sua mappa del territorio.
Oggetto di questo articolo è la presentazione del modello di SCORE.
Le lettere che compongono l’acronimo di questo modello, S.C.O.R.E. stanno per Sintomi, Cause, Obiettivi, Risorse, Effetti, cioè gli elementi essenziali che devono essere rilevati ed analizzati per raccogliere le informazioni necessarie ad affrontare un problema. Lo S.C.O.R.E nasce nell’ambito della Programmazione Neuro Linguistica (PNL) da Robert Dilts; il suo scopo principale è la scomposizione del problema che si intende affrontare in una serie di informazioni organizzate secondo criteri che ne facilitano la risoluzione.
Il cambiamento, inteso come raggiungimento di un obiettivo prefissato, nasce dalla osservazione di tre condizioni:
1) stato attuale: la condizione in cui si trova al momento un individuo o un’azienda;
2) spazio problematico: che consiste nel divario tra lo stato attuale e l’obiettivo prefissato, l’insieme cioè delle questioni che devono essere affrontate per raggiungerlo;
3) stato desiderato che riguarda appunto la condizione che si vuole raggiungere dopo aver modificato gli ostacoli.
In PNL, una scienza che nasce nell’ambito della psicoterapia, ma che trova oggi un’ampia applicazione in tutti i contesti lavorativi, i sintomi sono considerati quei limiti o interferenze che si frappongono tra lo stato attuale e quello che si desidera. Mentre i sintomi sono evidenti, le cause che li determinano sono più complesse e sistematiche e possono essere celate da vari fattori interconnessi tra loro. Robert Dilts, autore di questo modello, differenzia tra obiettivi ed effetti, considerando i primi come i passi avanti da compiere nel percorso che porta a produrre effetti di cambiamento a lungo termine; gli effetti sono invece i risultati finali, lo stato desiderato, il cambiamento a lungo termine dello spazio problematico. Per trovare le risorse necessarie a modificare un sintomo e dunque a produrre soluzioni efficaci, è necessario conoscerne le cause, l’obiettivo e l’effetto che si desidera realizzare. I fattori che compongono la formulazione dello spazio problematico possono essere utilizzati per analizzare meglio gli elementi che contribuiscono a raggiungere i propri obiettivi.

Indicazioni operative
1. Nelle situazioni in cui si dispone di un livello sufficiente di informazioni relative allo spazio problematico, il problem solving operativo procede nel seguente modo:
Formulare il problema descrivendolo nei suoi vari aspetti generali
Scomporre, poi, la questione che si sta esaminando, nei vari fattori che la costituiscono, stabilendo il rapporto che intercorre tra essi.
Individuare i sintomi, cioè gli aspetti più riconoscibili ed evidenti dello stato attuale della situazione che costituiscono limiti, ostacoli, inefficienze, difficoltà o altro ancora.
Analizzare le cause soggiacenti responsabili dell’origine e del persistere dei sintomi.
Formulare gli obiettivi, vale a dire gli scopi o gli stati che si desidera raggiungere a breve termine.
Mappare le risorse che possono contribuire alla modificazione dello stato attuale e che sono in stretta connessione con gli obiettivi che si intende conseguire.
Valutare gli effetti, cioè i risultati a lungo termine che seguono il raggiungimento di un particolare esito.

2. Nelle situazioni in cui la comprensione generale del problema è incompleta, poiché non si dispone di una sintesi o formulazione generale, il problem solving operativo procede in senso inverso: si raccolgono tutti gli elementi possibili che riguardano lo spazio problematico e attraverso la schematizzazione e la ricomposizione dei vari fattori si opera una formulazione generale.

3. Nelle situazioni in cui la formulazione generale del problema e la conoscenza degli elementi che lo compongono sono incerti, il problem solving operativo procede concentrandosi su ciò che appare in modo più evidente, ad esempio i sintomi, per poi elaborare ipotesi e ricercare gli altri livelli.

Applicando questo modello all’attività di studio, possiamo vedere come sia importante per il dentista formulare chiaramente gli obiettivi che vuole realizzare, si può trattare di un risultato da raggiungere (es.: l’acquisizione di una nuova tecnologia) o di un problema da risolvere (es.: l’aumento del traffico di persone all’interno dello studio). Il passo successivo consiste nell’individuare i sintomi, vale a dire degli elementi che ancora gli impediscono di ottenere ciò che vuole e che potrebbero ostacolarlo ancora nel futuro. I sintomi possono essere costrizioni, resistenze, ostacoli, limiti di conoscenza. Sotto ogni sintomo si cela una o più cause, pertanto, è importante andare alla ricerca del perché i sintomi ancora interferiscono con i risultati finali. È importante risalire anche alle cause delle cause, agli aspetti che si celano dietro le cause del problema. Il passo successivo porta il dentista a mappare le risorse che possono contribuire alla modificazione dello stato attuale e che sono in stretta connessione con gli obiettivi e gli esiti a breve che intende conseguire. Nella mappatura delle risorse occorre prestare attenzione a quelle che specificamente possono aiutare a superare i sintomi, a disinnescare le cause e a conseguire gli esiti desiderati. Infine, il dentista valuta come cambieranno le cose dopo che avrà ottenuto il cambiamento che cerca, quali saranno i vantaggi e gli svantaggi per sé e per gli altri.

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